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Panificatori, l’aretino Luca Ciardi eletto nel direttivo nazionale di Assipan-Confcommercio

L’imprenditore aretino, 45 anni, titolare del Panificio Fratelli Ciardi di Arezzo, è stato nominato nel gruppo ai vertici dell’associazione di categoria


Luca Ciardi, presidente provinciale dei panificatori aretini di Confcommercio, è entrato a far parte del consiglio direttivo nazionale di Assipan, l’associazione di categoria che rappresenta i panificatori del sistema Confcommercio.

Ciardi, 45 anni, sposato con un figlio e titolare del panificio Fratelli Ciardi di Arezzo, azienda con 26 dipendenti, rappresenterà la Toscana nel consiglio guidato dal presidente Antonio Tassone, calabrese, e composto da ventuno membri tra i quali figurano, oltre all’aretino Ciardi, anche altri toscani in rappresentanza delle province di Firenze e Pistoia.

La ratifica delle nomine è avvenuta a Roma domenica 27 marzo 2022 durante l’assemblea nazionale dei panificatori di Confcommercio. Molte le sfide da affrontare per il settore, stretto fra l’aumento dei costi di energia elettrica e materie prime (con i prezzi delle farine quasi raddoppiati) e i nuovi stili alimentari, che hanno relegato ad un ruolo secondario il pane, un tempo re incontrastato della tavola.

Confrontarsi dentro Assipan con i colleghi di tutta Italia aiuta a crescere e a ritrovare unità in una categoria finora troppo divisa – sottolinea il neoeletto consigliere di Assipan Confcommercio Luca Ciardi - c’è in atto una concorrenza spietata, basata solo sulla leva del prezzo, che non fa gioco a nessuno. C’è chi svende il prodotto pur di entrare in alcuni circuiti distributivi, ma così facendo svilisce la professione e toglie dignità e redditività a tutti. Mi chiedo come facciano a mantenere in piedi le aziende pagando tasse, contributi e stipendi ai dipendenti…”.

I prezzi di listino in provincia di Arezzo sono i più bassi d’Italia: “il pane da chilo costa intorno ai 2,10 euro, altrove costa almeno un euro di più – dice Ciardi – i margini per i forni sono ridottissimi, a fronte del rincaro delle bollette energetiche e della materia prima. Un quintale di farina costava 30 euro fino a poco tempo fa, ora lo paghiamo il doppio. Eppure, abbiamo ritoccato il prezzo al consumatore solo del 10%. Non so quanto potremo resistere”.

Il pane continua ad essere un alimento prezioso, sebbene con impatto minimo nel bilancio familiare: “con un chilo di pane mangia a pranzo e a cena una famiglia di sei persone, per la modica cifra di 35 centesimi a testa al giorno. E se avanza non si butta via nulla: si usa per minestre di pane, panzanella, pan grattato o bruschette. A meno che uno non abbia intolleranze al glutine, il pane bianco toscano è un prodotto buono, salutare e digeribile, con i suoi unici tre ingredienti (farina, acqua e lievito di birra o pasta madre) e una lavorazione che gli è valsa la Dop. Ha fatto la storia d’Italia. Basta col demonizzarlo: a far male sono ben altri prodotti”.

Da sempre sospesi a metà fra produzione e commercio, i panificatori (1.466 aziende in Toscana) stanno quindi cercando di orientarsi sempre di più al mercato, puntando su nuove strategie di marketing per arrivare al cuore dei consumatori. Non è un caso se Ciardi, che guida l’impresa di famiglia, avviata nel 1986 dall’indimenticato fratello Alberto insieme al padre e allo zio, è fresco di apertura di un nuovo locale in città, in via Romana 124, che si aggiunge a quello di via Veneto e allo storico laboratorio di produzione.

Un altro punto dolente per la categoria è la difficoltà di trovare personale. “Da due anni a questa parte mi pare che il problema stia diventando sempre più serio. Forse le persone non hanno davvero bisogno di lavorare, se di fronte a contratti regolari e ben pagati si appigliano a qualsiasi cosa pur di tirarsi indietro. Spesso sono i turni che non vanno bene, lavorare mentre gli altri sono in pausa non piace a nessuno. Ma un locale dove si servono pasti non potrà mai avere l’orario di un ufficio. Spero che si possa trovare una soluzione alla questione occupazionale, è uno spreco di opportunità che frena la crescita delle imprese  toglie risorse alle famiglie”.
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