La pensione ai superstiti è una prestazione economica liquidata dall’Istituto previdenziale ai familiari superstiti di iscritti o pensionati deceduti. La pensione ai superstiti, viene erogata nei confronti del coniuge superstite del pensionato deceduto (pensione di reversibilità) o del lavoratore assicurato (pensione indiretta).
Si tratta di una prestazione previdenziale che, di regola, spetta sempre al coniuge superstite ed è pari al 60% della pensione che prendeva (o che avrebbe conseguito) il defunto. Solo in caso di redditi personali superiori ad un certo importo la prestazione si può ridurre sino al 30%. Ma non viene mai eliminata anche in presenza di redditi particolarmente elevati.
Per conseguire il trattamento pensionistico è necessario presentare apposita domanda all’Inps e, nel caso di minori di età, la richiesta deve essere fatta da chi ne abbia la rappresentanza legale. La domanda per la pensione ai superstiti può essere presentata in qualsiasi momento successivo alla morte dell’iscritto o del pensionato, con la sola esclusione del trattamento indiretto di privilegio: in questo caso infatti, la richiesta va fatta entro cinque anni dal decesso. Dopo dieci anni i ratei di pensione non riscossi cadono in prescrizione (articolo 2946 del Codice civile). La pensione ai superstiti decorre dal primo giorno del mese successivo al decesso dell’iscritto o del pensionato. L’erogazione della pensione cessa con la morte del beneficiario, oppure al venire meno delle condizioni richieste (matrimonio del coniuge superstite).
Cosa succede se il coniuge superstite si risposa?
Nel lontano 1945, con il Decreto Luogotenenziale n. 39, e tuttora in vigore, fu previsto che “al coniuge, che cessi dal diritto alla pensione per sopravvenuto matrimonio, spetta un assegno pari a due annualità della pensione stessa, escluse le quote integrative a carico dello Stato”.
Quindi in caso di nuove nozze, al coniuge superstite viene revocata la pensione di reversibilità ma spetta la liquidazione di una doppia annualità, corrispondente a 26 volte l’importo della pensione percepita alla data del nuovo matrimonio. La doppia annualità spetta al coniuge che si risposa, anche in presenza di figli superstiti che percepiscono la quota parte di pensione, che verrà poi ricalcolata. Per ottenere la doppia annualità, il vedovo o la vedova che contraggono un nuovo matrimonio sono tenuti a presentare all’Inps una domanda con l’indicazione dei propri dati anagrafici, il numero di certificato della pensione e la data del matrimonio. Ad essa deve essere allegato il certificato di matrimonio.
Anche il coniuge divorziato, in caso di nuove nozze, ha diritto alla doppia annualità. Infatti, la Corte di Cassazione ha equiparato la posizione del coniuge divorziato titolare di assegno divorzile a quella del coniuge superstite avente titolo alla pensione di reversibilità o indiretta (Circolare Inps 132/2001).
Le regole in materia di “doppia annualità” valgono anche per i pensionati di reversibilità dell’Inpdap. L’estensione ai pensionati pubblici di questa normativa è abbastanza recente perché risale al 1995, quando la legge 335/1995 (la cosiddetta Riforma Fini) estese ai dipendenti pubblici la stessa normativa sulla reversibilità applicata dall’Inps ai propri pensionati. C’è, però, una sola differenza: la “doppia annualità” dell’Inpdap vale solo per i matrimoni celebrati successivamente al 17 agosto 1995, data di entrata in vigore della citata legge 335.
Box in evidenza
La tassazione della doppia annualità
Le somme corrisposte a titolo di doppia annualità vengono tassate con gli stessi criteri e modalità previsti per il trattamento pensionistico che sostituiscono.
Considerato che la tassazione Irpef segue il criterio di cassa, i pagamenti, effettuati o da effettuare dal 1° gennaio 1998 in poi, indipendentemente dalla data di celebrazione delle nuove nozze, devono essere assoggettati ad Irpef con le stesse modalità della pensione ai superstiti.
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