Sono molte le novità introdotte dal decreto legge (n. 4/2019) su Quota 100 e Reddito di cittadinanza. Tra tutte, una è passata inosservata pur essendo di grande attualità. Si tratta di una nuova opportunità per tutti quei lavoratori (più o meno giovani) che sono entrati a pieno titolo nel mondo del lavoro dal 1996 nel Pubblico impiego.
I dipendenti pubblici sono i lavoratori assunti dalle “pubbliche amministrazioni“ e cioè dall’insieme degli enti che operano nelle funzioni di amministrazione delle materie di competenza dello Stato per i quali sono state attivate forme pensionistiche complementari compartecipate dal datore di lavoro con la legge 335/95. In questa categoria rientrano: gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative; le aziende e le amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni; le istituzioni universitarie; gli Istituti autonomi case popolari; le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni; tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali; le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale; l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300; il CONI.
Va precisato che ci sono poi i dipendenti pubblici “non contrattualizzati”, cioè i dipendenti i cui rapporti restano disciplinati dagli ordinamenti di appartenenza (ad esempio: magistrati, avvocati e procuratori dello Stato, diplomatici, prefetti, forze armate, camere del parlamento), non si applicano le regole comuni della previdenza integrative.
Riguardo al massimale contributivo, la legge n. 335 del 1995 (art. 2, comma 18) ha stabilito per i lavoratori iscritti a forme pensionistiche obbligatorie a partire dal 1° gennaio 1996 e privi di anzianità contributiva precedente, un massimale annuo della base contributiva e pensionabile, annualmente rivalutato dall'ISTAT secondo l'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Tale massimale viene applicato anche nel caso di opzione al sistema contributivo dai soggetti in possesso di contribuzione al 31.12.1995. La parte eccedente il massimale non soggetta a contribuzione IVS (Invalidità, Vecchiaia, Superstiti), è in parte destinata al finanziamento della previdenza complementare, laddove prevista.
Per compensare la mancata attivazione della pensione complementare in alcuni settori della pubblica amministrazione l'articolo 21 del Dl 4/2019 prevede che, i lavoratori pubblici nel regime contributivo ("nuovi iscritti"), per cui non risultano attivate forme pensionistiche complementari compartecipate dal datore di lavoro, possano optare per essere esclusi dal meccanismo del massimale contributivo, conseguendo così una pensione di importo più elevato rispetto a quello che sarebbe altrimenti.
Si tratta, in sostanza, di quei settori che ancora oggi non hanno visto il decollo della previdenza complementare finanziata con il contributo dello stato. In particolare: i magistrati ordinali, amministrativi e contabili; il personale delle carriere diplomatica e prefettizia; il personale Militare e delle forze di Polizia di Stato; il personale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco; il personale della carriera dirigenziale penitenziaria; i professori ed i ricercatori universitari. In questa ipotesi, previa opzione dell'interessato, l'amministrazione pubblica verserà, pertanto, i relativi contributi previdenziali anche sulla quota di reddito eccedente la cifra di 102.543 euro (valore dell'anno 2019).
Quando mandare la domanda
La domanda di esclusione dal limite del massimale contributivo deve essere entro il termine di sei mesi decorrente dal 29 gennaio 2019 (data di entrata in vigore del Dl 4/2019). Può anche essere presentata dalla data (se successiva al 29 gennaio 2019) di superamento del massimale, o ancora dalla data di assunzione.
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