Tornare all’uso della zuccheriera per eliminare gli sprechi ed educare al consumo consapevole di zucchero. È l’idea della Fipe, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi di Confcommercio, che ha lanciato la campagna #usalazuccheriera per informare i clienti sugli effetti che un piccolo gesto quotidiano, quale zuccherare il caffè, può produrre contro lo spreco alimentare e verso la tutela della salute dei consumatori e dell'ambiente.
I titolari che vogliono aderire alla campagna potranno esporre nei propri locali la locandina #usalazuccheriera scaricabile dal sito della Confcommercio di Arezzo.
Ma facciamo un passo a ritroso nel tempo: la messa al bando delle zuccheriere a favore dello zucchero in bustina si deve al d.lgs. 20 febbraio 2004, n.51, (art. 2 comma 2) lett. f) in attuazione di una Direttiva Europea (n. 2001/111/Ce) secondo la quale "lo zucchero di fabbrica e lo zucchero bianco possono essere posti in vendita o somministrati solo se preconfezionati", pena sanzione amministrativa per diverse migliaia di euro.
Tuttavia, a seguito dell'intervento di Fipe, l'allora Ministero delle Attività Produttive con la nota 769422 del 28 maggio 2004 aveva precisato che la legge "ha vietato l'uso delle zuccheriere con coperchio apribile", mentre le zuccheriere dosatrici con beccuccio risultano conformi, anche se oramai la consuetudine delle bustine (e il timore di sanzioni) era divenuta così diffusa da rendere quasi superflua la presenza delle zuccheriere.
Per questo motivo, non deve esistere alcun timore a mettere a disposizione dei propri clienti zuccheriere dosatrici anziché le bustine.
I dati sugli sprechi sono impressionanti: secondo l'analisi della Fipe, la diffusione massiccia e quasi esclusiva delle bustine di zucchero in ristoranti e, soprattutto, bar genera 14mila tonnellate di rifiuti aggiuntivi e 64 milioni di euro di maggiori costi a carico di consumatori e pubblici esercizi.
La rilevazione condotta da Fipe ha comparato i consumi di zucchero in bustina con quelli in zuccheriera: 46,3 milioni di kg contro 32,4 milioni di kg, pari ad un costo di 92,6 milioni di euro delle dolci bustine contro i 29,2 milioni di euro delle zuccheriere. Lo zucchero in bustina determina un + 13,9% di consumi e ben un + 63,5% di costi, oltre a 14mila tonnellate di rifiuti generati in più.
La disparità di consumi e costi, insieme all'incremento dell'indifferenziato, si deve soprattutto al fatto che i clienti al bar spesso non usano tutto lo zucchero contenuto nelle bustine e quello che rimane viene ovviamente gettato.
A conferma dei dati rilevati da Fipe, un esperimento basato sulla teoria della “spinta gentile” di Richard Thaler (premio Nobel per l’economia 2017) ha dimostrato che l’unità di misura per l’utilizzo dello zucchero in bustina non è la quantità di prodotto ma la bustina stessa. Questo si traduce in due possibili comportamenti: l’utilizzo parziale dello zucchero contenuto in una bustina (pertanto lo zucchero non utilizzato diventa rifiuto) oppure il consumo di una quantità di zucchero superiore a quella di cui abbiamo bisogno (con conseguenti ripercussioni sul benessere e sul corretto stile di vita della persona).
Per approfondire:
D.lgs n.51 del 20 febbraio 2004 (G.U. del 28 febbraio 2004)
Risoluzione Ministero delle Attività produttive n.769422 del 28 maggio 2004
(link a http://www.sulpl.it/sulpl/aggiornamenti_professionali/zuchero04giugno.htm)
Per maggiori informazioni, contatta la segreteria Fipe Confcommercio Arezzo (Massimiliano Micelli):
☎️ 0575 742787 – 0575 350755
✉️ massimiliano.micelli@confcommercio.ar.it