Buoni pasto, le imprese non ci stanno





















 


La rivolta contro il cattivo uso dei buoni pasto arriva anche nei bar e ristoranti aretini, che si mobilitano affiggendo una apposita locandina per richiamare l’attenzione dei loro clienti sul problema. 


“Il sistema dei buoni pasto è al collasso e se non ci sarà un'inversione di rotta immediata, quasi tre milioni di dipendenti pubblici e privati potrebbero vedersi negata la possibilità di pagare il pranzo o la spesa con i ticket”, spiegano da Fipe-Confcommercio, la federazione a cui aderiscono i pubblici esercizi, “per questo motivo ci siamo mobilitati insieme alle altre sigle sindacali della distribuzione e della ristorazione italiana, per la prima volta tutti intorno allo stesso tavolo di lavoro”.


“Lo denunciamo da anni”, prosegue la Fipe, “ci vogliono correttivi urgenti, a partire dalla revisione del codice degli appalti nella pubblica amministrazione, perché molti dei problemi iniziano da lì”. Le gare bandite da Consip per la fornitura del servizio dei buoni pasto alla pubblica amministrazione hanno ormai spinto le commissioni al di sopra del 20%. Così, sul valore nominale di ogni ticket grava una tassa ‘occulta’ del 30% a carico degli esercenti. In pratica, tra commissioni alle società emettitrici e oneri finanziari, i bar, i ristoranti, i supermercati e i centri commerciali perdono 3mila euro ogni 10mila euro di buoni pasto accettati. Non solo: spesso sono costretti ad aspettare molto tempo prima di incassare quanto dovuto.


Ecco perché i vertici delle associazioni di categoria hanno deciso di scrivere al Ministro dello Sviluppo Economico e al Ministro del Lavoro, chiedendo di rivedere l’intero sistema con l’obiettivo di garantire il rispetto del valore nominale dei buoni pasto lungo tutta la filiera.


 “È evidente – sottolineano le associazioni – che lo Stato non può far pagare la propria spending review alle nostre imprese. Così facendo si mette a rischio un sistema che dà un servizio importante a 3 milioni di lavoratori ogni giorno e si mettono in ginocchio decine di migliaia di imprese, tra pubblici esercizi, piccola e grande distribuzione commerciale. Nessuno può dimenticare che il buono pasto è un servizio che già gode di agevolazioni importanti in termini di decontribuzione e defiscalizzazione”.


Ma le iniziative non si fermano qui. Il tavolo nazionale, da un lato promuove una campagna di comunicazione congiunta che interesserà tutti gli esercizi della ristorazione e della distribuzione commerciale, dall'altro ha deciso di avviare un’azione di responsabilità nei confronti di Consip per aver ignorato i campanelli d'allarme in merito alla vicenda Qui!Group, azienda leader dei buoni pasto alla pubblica amministrazione che, dopo essere stata dichiarata fallita a settembre 2018, ha lasciato 325 milioni di euro di debiti, di cui circa 200 milioni nei confronti degli esercizi convenzionati.


I NUMERI


Ogni giorno circa 10 milioni di lavoratori pranzano fuori casa. Di questi, 2,8 milioni sono dotati di buoni pasto e il 64,7% li utilizza come prima forma di pagamento ogni volta che esce dall'ufficio. Complessivamente si stima che nel 2019 siano stati emessi in Italia 500 milioni di buoni pasto, di cui 175 milioni acquistati dalle pubbliche amministrazioni, che li hanno messi a disposizione di 1 milione di lavoratori. In totale, ogni giorno i dipendenti pubblici e privati spendono nei bar, nei ristoranti, nei supermercati i e in tutti gli esercizi convenzionati 13 milioni di euro in buoni pasto.


UN BUG NEL SISTEMA


La stazione appaltante per il servizio di buoni pasto all'interno della pubblica amministrazione, Consip, effettua le gare formalmente con il sistema dell'offerta economicamente più vantaggiosa ma, di fatto proprio per la natura del buono pasto, al massimo ribasso. Nel corso dell'ultima gara aggiudicata a fine 2018, i 15 lotti, dal valore complessivo di 1 miliardo di euro, sono stati assegnati con uno sconto medio del 20% e con picchi al di sopra del 22%. Uno schema identico a quello del 2016, quando il ribasso medio si è assestato attorno al 15%. Questo livello di sconti, una volta sdoganato dal pubblico, sta diventando di riferimento anche per le gare private.


Risultato: un esercente vende prodotti e servizi per valore di 8 euro ma ne incassa 6,18. Aggiungendo a queste commissioni altri oneri finanziari, su buoni pasto del valore di 10mila euro, gli esercizi si vedono decurtare 3mila euro.


IL CASO QUI!GROUP


In seguito al fallimento della principale società fornitrice di buoni pasto alla pubblica amministrazione, la Qui!Group di Genova, migliaia di piccole e grandi aziende della ristorazione e della distribuzione commerciale si sono ritrovate con circa 200 milioni di euro di crediti che sarà molto difficile riscuotere. I rimborsi previsti, trattandosi di creditori chirografari, difficilmente arriveranno a coprire il 10% del credito, praticamente il valore dell'iva che i titolari dei locali hanno già anticipato allo Stato. Eppure Consip era a conoscenza già agli inizi del 2017 delle difficoltà della società di rimborsare i buoni pasto. Per questo il tavolo delle associazioni ha deciso di avviare un'azione di responsabilità nei confronti della Consip per omesso controllo.


Data l’importanza dell’iniziativa intrapresa, che per la prima volta vede riunite in un tavolo unico le Associazioni maggiormente rappresentative delle imprese della ristorazione e della distribuzione, si raccomanda le imprese a raccogliere l’invito ad esporre nelle vetrine dei propri esercizi la locandina appositamente realizzata per sensibilizzare i clienti sul tema.


È possibile scaricare la locandina oppure richiederla alla segreteria Fipe Arezzo (sig. Cristiano Beligni) telefonando al numero 0575 350755 o scrivendo alla mail cristiano.beligni@confcommercio.ar.it















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