Freno a cibo e bevande nei circoli privati. "Adesso i controlli"





















Stop a cibo e bevande nei circoli privati. È, in sintesi, la decisione scaturita dalla recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 15475/2018) che stabilisce come un ente senza scopo di lucro non possa esercitare attività di somministrazione dietro pagamento di corrispettivi che eccedano i costi vivi, pena la decadenza di tutti i vantaggi fiscali riservati agli enti non commerciali.


Una bella notizia per Confcommercio, che da anni combatte contro le irregolarità della ristorazione parallela. “L’ordinanza pone finalmente un freno alla concorrenza sleale che danneggia i pubblici esercizi e rovina l’immagine del mondo no profit. Adesso la palla passa alle istituzioni locali che devono smascherare e sanzionare chi fa profitti illeciti con la somministrazione e l’organizzazione di eventi”, dicono in una nota congiunta Stefano Mearini, Federico Vestri e Renato Pancini, rispettivamente presidenti provinciali dei bar, dei ristoranti e delle pizzerie aretine afferenti alla Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi)-Confcommercio.


Chi vuole fare business con la somministrazione apra un’impresa pagando tutti gli oneri dovuti, come fanno tutti i titolari di bar, ristoranti e pizzerie”, prosegue la nota. “Non è giusto che i soliti furbi si mascherino dietro al volto nobile dell’associazionismo per godere di sgravi fiscali che non gli competono. Sul mercato tutti devono rispettare le stesse regole”.


La legge impone che le associazioni no profit, in cambio delle agevolazioni, debbano destinare iniziative come pranzi, cene e serate danzanti solo ai loro associati – sottolinea il presidente dei baristi aretini di Confcommercio Stefano Mearini - ma alcuni usano l’escamotage di consegnare la tessera associativa a tutti al momento dell’ingresso nel locale. Inoltre, le iniziative non dovrebbero essere neppure pubblicizzate al di fuori del circuito dei soci, ma il web e i social media in realtà permettono di raggiungere una platea molto più ampia di potenziali clienti. E i pubblici esercizi veri, che pagano le tasse e creano occupazione, devono stare a guardare”.


Nella provincia di Arezzo, secondo le stime di Fipe-Confcommercio elaborate sui dati Istat, esistono oltre 1.796 circoli privati aperti. In pratica, il 9,4% della Toscana, attestati in totale a quota 19.094. Di questi, una media del 35% esercita una vera e propria attività commerciale presentando un rapporto fra ricavi e costi superiore al 50%. Percentuali che fanno capire bene come i ricavi dalla vendita di beni e servizi siano una fonte di finanziamento prevalente.


 “In questi anni di crisi – aggiunge il presidente dell’Associazione Ristoratori Federico Vestri - il fenomeno della concorrenza sleale si è esasperato, togliendo tante risorse alle nostre imprese, che dovendo pagare molti oneri in più non possono permettersi di applicare prezzi di favore come fanno i circoli privati. L’ordinanza della Cassazione ha messo un punto fermo da cui ripartire, dicendo no agli abusi”.


“Tra falsi circoli privati e false sagre, il mercato sembra penalizzare chi ha ancora il coraggio di fare impresa. E ce ne vuole davvero tanto, di questi tempi”, ricorda il presidente dell’Associazione Pizzerie Aretine Renato Pancini, “ecco perché chiediamo che le istituzioni locali partano coi controlli, nel rispetto della legalità e di chi impresa la fa sul serio, mettendoci ogni giorno la faccia. Ne gioverebbero anche il mondo dell’associazionismo e delle vere sagre, finalmente liberi da approfittatori”.













Condividi: