Ristorazione italiana in crescita. Sale l'occupazione. Mancano i cuochi





















La ristorazione in Italia riparte e fa largo ai giovani. Mentre i consumi alimentari delle famiglie italiane per i pasti in casa continuano a scendere (hanno perso oltre 12 punti percentuali dal 2007 al 2015), dal 2013 la spesa per il “fuori casa” ha ripreso a salire in maniera via via più marcata. E con essa è cresciuta anche l’occupazione nel settore: +1,5% dal 2008 al 2015, con una variazione positiva di 96mila nuovi addetti che non ha riscontri in nessun altro comparto economico, fatto salvo quello dei servizi. 


Non solo: con il 72% di dipendenti “under 40”, la ristorazione si dimostra un settore ideale per i giovani. E lo potrebbe essere ancora di più, visto che ora le imprese fanno fatica a trovare personale qualificato per alcuni profili professionali necessari invece alla loro attività.


Sono queste le buone notizie per la ristorazione che emergono dall’indagine di Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi)-Confcommercio presentata questa mattina, domenica 27 novembre, a Firenze nel talk show d’apertura di “Food and Wine in Progress”, seconda edizione dell’evento dedicato alle eccellenze della produzione agroalimentare e della ristorazione, in corso fino a lunedì 28 novembre nella Stazione Leopolda.


Il talk show, dal titolo “Occupazione nella ristorazione. Quali competenze, quali prospettive”, era moderato dal direttore di Italia a Tavola Alberto Lupini e ha visto sul palco il presidente della Federazione italiana cuochi Rocco Pozzulo, il presidente dell’Associazione italiana sommelier Antonello Maietta e il vicepresidente vicario di Fipe-Confcommercio Aldo Cursano. Obiettivo del dibattito: fare il punto sul mondo della ristorazione italiana alla luce del numero dei suoi occupati e della ricchezza prodotta, analizzando anche le criticità legate alla formazione degli addetti, non sempre adeguate al grado di professionalità necessario invece alle aziende.


Dall’indagine Fipe-Confcommercio emerge che i lavoratori dipendenti dei pubblici esercizi, ai quali si applica il contratto collettivo nazionale del turismo, sono oggi in Italia quasi 700mila, con picchi occupazionali più alti legati alla stagionalità (da metà giugno a metà settembre si arriva quasi ai 750mila).


Più della metà sono donne (54%); uno su quattro è straniero. In quanto all’età, il 17% degli occupati ha meno di venti anni, il 31% ha tra i venti e i trenta anni, il 24% fra i 30 e i 40, il resto è over 50.


L’occupazione è attualmente in crescita soprattutto nei ristoranti (+2,2% nel confronto tra 2008 e 2015) e nella fornitura di pasti preparati (+4,9%), mentre scende nelle mense (-1,3%) e nelle discoteche (-11,4%).


In generale, la ristorazione garantisce oggi un lavoro “sicuro”: quasi otto lavoratori su dieci (76%) hanno un contratto a tempo indeterminato, il 18% a tempo determinato e il resto è stagionale. Quasi 63mila le aziende italiane che nel corso del 2015 hanno utilizzato lo strumento dei voucher per ampliare l’organico in maniera temporanea: in Toscana sono state 5.586, per una media di 244 voucher all’anno ciascuna ed un totale di oltre 1 milione e 360mila voucher (1.362.276) utilizzati.


Tra le figure professionali più richieste dalle aziende ci sono cuochi, aiuti cuochi, camerieri, baristi, pasticcerie e gelatai artigianali. In alcuni casi si tratta di personale di difficile reperimento, segno forse che le scuole dovrebbero dialogare di più con le imprese per predisporre percorsi formativi adeguati alle esigenze effettive del mercato.


«Per i giovani sarebbe garanzia di una lavoro certo e per le nostre aziende uno strumento in più per crescere, perché non si raggiunge l’eccellenza con personale poco preparato», sottolinea Aldo Cursano, che aggiunge, “la ristorazione ha bisogno dei giovani e non solo negli ambiti classici della cucina e dalla sala. C’è per esempio da fare un passo avanti nella digitalizzazione delle imprese e nello story telling. I giovani sanno dialogare con il web, con il mondo delle recensioni, sono in grado di far passare all’esterno quei valori e quella qualità che le nostre aziende coltivano al loro interno. È con il linguaggio della contemporaneità che si comunicano i valori della tradizione».


La ricerca di Fipe-Confcommercio descrive luci ed ombre della ristorazione. Tra le ombre, le tante, troppe chiusure che hanno interessato il settore negli anni della crisi: in cinque anni, dal 2015 al 2015, l’Italia ha perso 13.656 ristoranti e 13.121 bar. C’è poi un problema legato alla concorrenza: in Italia esistono ben 440 imprese della ristorazione ogni centomila residenti. Più di noi ne hanno solo Portogallo (749 per centomila abitanti), Grecia (649), Cipro (546), Spagna (541), Repubblica Ceca (478), Lussemburgo (470) e Malta (463). Tutti gli altri paesi europei, a cominciare da Germania (198) e Francia (329) hanno una minore densità di locali. “Ma chi punta sulla qualità non teme concorrenza”, parola del presidente della Federazione italiana cuochi Rocco Pozzulo, del presidente dell’Associazione italiana sommelier Antonello Maietta e del vicepresidente vicario di Fipe-Confcommercio Aldo Cursano.


 













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