La recessione iniziata nel 2008 ha significato per le famiglie un calo di oltre il 10% del reddito disponibile, di circa il 7% della spesa in termini reali e del 36% del risparmio. Inevitabilmente, il numero delle famiglie assolutamente povere è cresciuto del 78,5%, mentre i "poveri assoluti" hanno superato nel 2014 i 4 milioni (+130% rispetto al 2007). Nel 2015, finalmente, l'inversione del ciclo: reddito disponibile e spesa delle famiglie in termini reali sono cresciuti dell'1% circa, mentre il risparmio è aumentato di circa mezzo punto percentuale.
Sono alcune delle cifre principali contenute nella ricerca "Dalla grande recessione alla ripresa? Segnali positivi ma fragili", realizzata dall'Ufficio Studi Confcommercio e divulgata in occasione dell'Assemblea 2016 della Confederazione.
Sono molte le cifre che "raccontano" la gravità della crisi, la seconda più grave nella storia nazionale dalla proclamazione del Regno d'Italia: tra il 2008 e il 2014, ad esempio, il Pil è sceso del 9% in volume, con un crollo degli investimenti di oltre il 30%, tornando sugli stessi livelli del 1996. "È come se le famiglie italiane – dice l'Ufficio Studi - avessero spostato indietro di un ventennio l'orologio del proprio tenore di vita".
Negli anni della recessione, per continuare, sono andati distrutti oltre un milione e 800mila posti di lavoro per l'economia nel suo complesso, oltre un milione e 300mila dei quali nell'industria, mentre il numero di imprese registrate si è ridotto di oltre 86mila unità.
Nel 2015 Pil e investimenti in termini reali sono finalmente tornati in positivo con una crescita di poco inferiore all'1% e anche l'occupazione è salita di oltre 190mila unità per l'intera economia. Il sistema delle imprese, invece, è sì tornato a crescere, ma solo di circa 14mila unità.
Passando ai consumi, nei sette anni della crisi, la spesa alimentare si è contratta in quantità di oltre il 12% e gli acquisti di beni durevoli del 25% circa. Anche qui nel corso del 2015 le principali funzioni di consumo sono tornate a crescere in quantità, ma è comunque un recupero assai modesto rispetto a quanto perso durante la recessione.
Per il 2016 l'Ufficio Studi Confcommercio evidenzia "segnali di rafforzamento della produzione industriale e dei consumi delle famiglie, che soprattutto nelle variazioni tendenziali, lasciano ritenere che complessivamente l'anno in corso potrebbe evidenziare un incremento produttivo rispetto al 2015 stimabile attorno ad un punto e mezzo percentuale", mentre vanno meglio sia il mercato del lavoro che l'accesso al credito per le imprese.
Questa ripresa sostanzialmente modesta dipende dai pesanti ritardi strutturali del sistema-Paese, soprattutto il deficit qualitativo del capitale umano, le carenze nelle reti dei trasporti e delle comunicazioni, l'eccesso di carico burocratico, i divari di legalità tra le diverse aree territoriali e l'eccesso di pressione fiscale su imprese e famiglie.