La sagra della discordia





















"Se è bastato un “pomo” a scatenare la guerra di Troia, figuriamoci cosa può fare una pizza. In effetti, di discordia sembra averne seminato parecchia, la decisione della Commissione comunale sulle sagre di escludere la pizza dal menù di questi eventi, privilegiando solo i piatti connessi alle tipicità del territorio.


Senza pizza, dicono alcuni organizzatori, crollano gli incassi e le sagre non reggono. E proclamano l’aut aut: o ci lasciate fare le pizze o noi non organizzeremo più sagre. Peccato davvero, perché nessuno mai ha voluto cancellarle. Anzi.


Proprio perché convinti che queste manifestazioni siano un patrimonio da salvaguardare, abbiamo chiesto regole per valorizzarle e distinguerle da quegli eventi di dubbia finalità sociale che dietro al volto buono della festa paesana mascherano attività economiche illegali. Se la ristorazione serve solo a fare cassa per scopi privati, diventa infatti un’attività di impresa e come tale deve rispettare le regole.


Va apprezzato quindi il coraggio dell’Amministrazione Comunale: dopo anni di consensi teorici e mai pratici alle nostre istanze, finalmente questa Giunta ha messo mano ad una materia che andava normata. E lo ha fatto ricorrendo ad uno strumento lecito (il regolamento). Poi, è ovvio: accontentare tutti è impossibile, serve un compromesso. In democrazia funziona così e battere i piedi trattenendo il respiro come fanno i bimbi non serve.


Dunque perché è nata ora questa bagarre?


Si strumentalizza la questione per regolare i conti della politica? Oppure dietro la “battaglia della pizza” qualcuno nasconde l’imbarazzo che gli creerebbe dover rendere pubblico il bilancio della propria festa? I conti delle imprese private sono controllabili, come è giusto. Per quale motivo, allora, chi organizza eventi per fini sociali dovrebbe provare imbarazzo a mostrare i propri? Se c’è qualcosa da nascondere, non basterà certo una pizza Margherita per farlo".


Franco Marinoni


direttore Confcommercio Toscana













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