Arezzo, del terziario il 63% del PIL





















In provincia di Arezzo è il terziario a fornire il contributo più rilevante alla formazione del valore aggiunto. Le imprese dei settori commercio, servizi e turismo da sole hanno prodotto infatti il 63% di quei 8,248 miliardi di euro di Pil 'aretino' stimati da Prometeia per il 2017. L’industria contribuisce per il 29% alla formazione del Pil, le costruzioni per il 5% e l’agricoltura per il 3%. Lo ha detto il segretario generale della Camera di Commercio di Arezzo Giuseppe Salvini durante la Giornata dell'Economia, organizzata nella Borsa Merci di Arezzo l’8 giugno scorso. Un appuntamento annuale ideato dal sistema camerale per fare il punto sulla situazione economica nei vari territori.


Il quadro aretino del 2017 ha tanti segni negativi, a partire dal saldo fra imprese cessate e nuove iscritte (-16), ma anche qualche spiraglio positivo. Il turismo, per esempio, che ha sfondato il tetto del mezzo milione di arrivi ed è a quota 1,4 milioni di presenze. Numeri che non possono che crescere, visto che il turismo aretino ad oggi rappresenta solo il 3% circa di quello complessivo toscano e resta quindi “un potenziale inespresso” per il territorio. Ma segni positivi arrivano anche dai settori a più alto contenuto innovativo e tecnologico, magari legati all’export, che hanno incontrato la ripresa decisa in atto in tanti Paesi a livello nazionale.


Nel  2017  l'economia  mondiale  è infatti  cresciuta  sia  in termini  di  Pil  (+3,8%)  che  di  scambi  commerciali (+4,9%), con una accelerazione  che ha  interessato  sia  le  economie avanzate (+2,3%) sia quelle emergenti (+4,8%). Anche l'economia italiana ha beneficiato di questa fase espansiva del contesto internazionale: il  Pil è cresciuto dell'1,5%, 6 decimi di punto in più rispetto al 2016, andando a migliorare gli indicatori di finanza pubblica. Le  esportazioni godono della  ripresa  degli  scambi  commerciali internazionali  e  crescono del  5,4%  in  volume  e  del  7,3%  in  valore. Perfino la domanda interna, dopo anni di persistente debolezza, mostra finalmente primi segnali di vitalità. Ma i consumi delle famiglie crescono a ritmo piuttosto moderato (+1,4%) e le imprese che lavorano solo con il mercato interno vivono ancora momenti non facili. “Continuiamo a perdere aziende importanti, anche sotto il profilo occupazionale, mentre aprono aziende di piccole dimensioni, che mai potranno colmare i vuoti lasciati da chi ha chiuso”, ha sottolineato il presidente della Camera di Commercio di Arezzo Andrea Sereni.


Il vero ‘motore’ del registro delle imprese sono donne, giovani e stranieri. Sono loro ad aver vivacizzato le iscrizioni nel 2017. Ad esempio, oltre tre iscrizioni su dieci (32%) sono state fatte da donne. Le imprese femminili, attive in particolare nei servizi, nel commercio e nell’agricoltura, hanno raggiunto quota 8.920 e sono ormai una su quattro delle imprese totali (23,7%). Le imprese giovanili sono 3.304 (8,8% del totale) e spaziano abbastanza omogeneamente in tutti i settori, mentre è nelle costruzioni, nel commercio e nel manifatturiero, quindi in settori maturi, che si concentrano le imprese a titolarità straniera, 4.009 in totale. Purtroppo, le nuove nate dimostrano spesso grande fragilità, non superando i tre anni di vita.


Nel complesso, le imprese registrate in provincia di Arezzo a fine 2017 erano 45.390, con un saldo negativo di 16 unità rispetto al 2016. Sanità, servizi di supporto alle imprese, servizi di alloggio, attività professionali tecniche e servizi di informazione e comunicazione sono i settori con il più alto tasso di crescita. Costruzioni, trasporti, agricoltura, artigianato e manifatturiero hanno invece chiuso l'anno col segno meno. Anche il commercio, con lo 0,4% in meno di imprese, vive un momento difficile.


Sul versante dell’occupazione, nel 2017 ci sono state 21.970 nuove assunzioni in provincia, ma solo il 17% dei contratti stipulati era a tempo indeterminato. Per il resto, si trattava di forme contrattuali flessibili e reiterate. Un precariato che riflette l’andamento ancora disomogeneo e discontinuo del mercato e che, purtroppo, restringe i progetti di vita oltre ad incidere negativamente sui consumi.


“Le nostre imprese assumerebbero volentieri a tempo indeterminato se solo ci fosse più stabilità nei consumi, che invece per tanti settori sono ancora incerti”, ha detto la presidente della Confcommercio Toscana Anna Lapini. Nel suo intervento alla Giornata dell’Economia ha poi sottolineato la necessità di salvaguardare e promuovere la rete dei negozi di vicinato, presidi di socialità e legalità. “Un appello va fatto anche ai consumatori, che con le loro scelte di acquisto possono modificare il futuro, perché consumare è un atto politico: se si acquista solo su internet poi non ci si può lamentare se i negozi chiudono. Ma se i negozi chiudono le nostre città perdono  servizi, diventano meno attrattive per residenti e turisti, ne va perfino del valore immobiliare delle case…”.













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