La sentenza n.90/2024 ha sancito l’illegittimità parziale dell’articolo 8, comma 4, del dlgs n.22/2015. È stata infatti reputata eccessivamente gravosa l’integrale restituzione dell’anticipazione NASpI, qualora il lavoratore abbia interrotto l’attività intrapresa a causa di eventi indipendenti dalla sua volontà.
Quando può essere richiesta la NASpI anticipata
È possibile percepire l’indennità di disoccupazione in un’unica soluzione se il lavoratore intende:
Qualora il beneficiario della NASpI anticipata instauri un rapporto di lavoro subordinato prima della scadenza del periodo per il quale l’indennità sarebbe durata se fosse stata erogata in forma mensile, l’importo deve essere restituito per intero. Non rientra in questa fattispecie il caso del rapporto di lavoro frutto dalla sottoscrizione di una quota di capitale sociale di una cooperativa.
NASpI anticipata: la sentenza n.90/2024
La Consulta è stata chiamata a pronunciarsi sul caso di un lavoratore che, a seguito del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e del conseguente stato di disoccupazione involontaria, aveva chiesto e ottenuto la liquidazione anticipata della NASpI che gli sarebbe spettata fino al 28 maggio 2021, per aprire un bar.
Chiuso il locale a causa della pandemia da Covid 19, nel febbraio del 2021 l’uomo era stato assunto con contratto a tempo indeterminato, ed aveva poi ceduto l’attività. L’Inps aveva chiesto la restituzione dell’intero importo erogato a titolo di anticipazione NASpI (19.796,9 euro), richiamandosi all’articolo 8, co. 4 del dlgs, n.22/2015, secondo cui il nuovo rapporto di lavoro subordinato era stato attivato prima che terminasse la durata originaria della Naspi.
NASpI anticipata e restituzione integrale
La Corte Costituzionale ha ritenuto che l’integrale rimborso, in linea generale, sia legittimo perché, recependo l’intento antielusivo, si propone di evitare che le somme erogate siano distolte dalla finalità imprenditoriale per la quale sono state previste.
La sentenza n. 194/2021 aveva ammesso la restituzione integrale anche in presenza di un rapporto di lavoro subordinato di brevissima durata e retribuzione commisurata.
Il rimborso per intero dell’importo percepito, prosegue la Consulta, è valido anche qualora l’attività non vada a buon fine. «Il rischio di impresa è insito nella finalità stessa dell’incentivo all’autoimprenditorialità», quindi, se il lavoratore sceglie di percepire subito e per intero la NASpI, senza dover sottostare ad alcuna condizione, «è ben evidente che deve “mettere in conto” il possibile esito negativo dell’attività di impresa».
NASpI anticipata e la “causa di forza maggiore”
Il caso su cui è stata chiamata ad esprimersi la Corte Costituzionale presentava degli elementi di diversità, in quanto l’interruzione dell’attività imprenditoriale, effettivamente avviata, era stata causata da impossibilità sopravvenuta, non imputabile al lavoratore. In questo caso, la restituzione integrale risulterebbe «affetta da un rigore eccessivo, che si traduce in intrinseca irragionevolezza e mancanza di proporzionalità».
Non temperare l’obbligo restitutorio comporterebbe inoltre che il lavoratore “incolpevole” sia incentivato a rimanere disoccupato, risultato in contrapposizione con le finalità istitutive della NASpI.
“Salvo occasioni di lavoro autonomo, il lavoratore, per non essere obbligato a restituire integralmente l’anticipazione, dovrebbe rimanere inattivo e attendere, senza lavorare, appunto, la scadenza del periodo per il quale è stata concessa l’anticipazione; ciò che potrebbe finanche privarlo dei mezzi di sussistenza”.
Per rimediare ai vizi della norma, l’obbligo restitutorio, precisa la Corte, deve essere parametrato alla durata del rapporto di lavoro subordinato instaurato nel periodo coperto dalla NASpI, durante il quale l’indennità sarebbe priva di causa e quindi indebita.
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