a cura della dott.ssa Maria Vittoria Romizi.
L’emergenza pandemica ha spinto molte imprese a ricorrere al lavoro da remoto, che, in teoria, presenta molti vantaggi per l’organizzazione dell’attività e la qualità di vita del lavoratore.
Ma non tutto è rose e fiori!
La teoria..
“Il lavoro agile, o smart working, è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e al contempo, favorire la crescita della sua produttività". Questa definizione di smart working, contenuta nella Legge n.81 del 22 maggio 2017, pone l’accento sulla flessibilità organizzativa, sulla volontarietà delle parti che sottoscrivono l’accordo individuale e sull’utilizzo di strumenti che consentano di lavorare da remoto.
… e la realtà
Parlando di
smart working, quello che la maggior parte degli italiani ha sperimentato nel 2020 a causa del distanziamento sociale, imposto dal Covid-19, è il lavoro da casa che non ha comportato un reale riassetto delle attività dell’organizzazione e del suo
modus operandi, bensì la semplice sostituzione di un luogo fisico (l’ufficio) con un altro (la casa) in cui svolgere tutto più o meno come prima. Piuttosto che nel sogno di un maggiore equilibrio casa-lavoro, la tanto agognata flessibilità, si è trasformata spesso in un incubo con giornate di lavoro interminabili senza soluzione di continuità tra orario d’ufficio e tempo libero. Come abbiamo visto, lo
smart working non è sempre rose e fiori.
I vantaggi del lavoro da remoto…
Facendo, oggi, un rapido bilancio generale, basandoci sulla letteratura esistente di quello che è un ambito di indagine in certa espansione, possiamo identificare una serie di vantaggi e svantaggi legati all’attuazione del lavoro da remoto. I principali vantaggi sono di natura ambientale (grazie al crollo delle emissioni prodotte dagli spostamenti casa-lavoro; Allen et al., 2013) ed economica (questione di produttività ma anche di tagli, nell’ordine delle decine di migliaia di euro all’anno, nei classici costi aziendali; Angelici & Profeta, 2020). È indubbio che il lavoro agile prevede un rilevante sforzo cognitivo e non meno una crescente responsabilizzazione del lavoratore dimostrando capacità di autogestione, influendo con questo, positivamente, sulla motivazione al lavoro e soddisfazione di vita.
…e gli svantaggi
Tra i principali svantaggi di un lavoro da remoto poco efficiente si riporta invece un aumento del tempo di lavoro (in media +40% ore lavorative al giorno; Felstead & Henseke, 2017; Leslie et al., 2012; Thatcher & Bagger, 2011) dovuto all’aumento del carico di lavoro che viene assegnato, quasi a dover bilanciare il “privilegio” di lavorare da casa e la forse ancora poco consolidata prassi del lavoro per obiettivi, che sempre più spesso portano a fenomeni psicologici specifici tipo
always on / switch off (letteralmente “sempre connessi” / “non riuscire a staccare”), e generali come
technostress e
burnout (Molino et al., 2020). Ulteriore svantaggio è il
Whole Working: la concezione del lavoro che viene a collocarsi sopra ogni cosa, all’apice della nostra scala valoriale. A tal riguardo parallelamente, le aziende e le amministrazioni possono attuare un controllo costante e al contempo asfissiante nei confronti dei lavoratori dipendenti. Può verificarsi anche una sostanziale moltiplicazione delle attività da svolgersi, con relativi obblighi operativi, costringendo quindi chi lavora a superare l’orario lavorativo d’ufficio. Anche la stessa reperibilità, diventa oggettivamente per così dire massima. Ciò comporta il fatto di non venire garantita nessuna limitazione di tempo d’impiego della forza lavoro, né tanto meno il doveroso rispetto dei ritmi e delle circostanze della vita privata.
L’impatto sociale
Un impatto importante è anche quello di tipo sociale che, se per alcuni consiste in un minor tempo di socialità sul luogo di lavoro, per altri conduce addirittura al rischio di isolamento sociale (Gajendran, R.S.-Harrison, D.A). Lavorare da casa frequentemente significa immergersi totalmente nelle proprie attività perdendo la cognizione del tempo e del contesto in cui ci si trova. Spesso il pc o tablet o smartphone, con cui si opera, rimangono permanentemente accesi, da quando ci si sveglia a quando si va a dormire la sera. Possono esserci dei problemi correlati a disturbi d’ansia, rispetto ai risultati lavorativi ottenuti, perlopiù rispetto alle richieste o attese dai datori di lavoro nei confronti dei dipendenti. Quindi lo stress causato, viene percepito dal lavoratore come uno squilibrio tra le richieste dell’organizzazione di ambito lavorativo eccedenti e le capacità individuali possedute. Da qui il pensiero che una prolungata esposizione dei lavoratori a fattori “stressogeni” può verosimilmente rappresentare fonte di rischio per la salute degli individui, siano di carattere psicologico che prettamente fisici, ciò evidentemente riduce l’efficienza sul lavoro sia esso in presenza che non di meno da remoto. Per paradossale che possa sembrare, lavorando da casa, si rischia di ottenere un effetto negativo invece che positivo su quell’equilibrio vita/lavoro prima citato.
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Dott.ssa Maria Vittoria Romizi, Psicologa-psicoterapeuta familiare e relazionale.
Si occupa sia di problematiche dell’adulto (comprese le relazioni di coppia e familiari) sia di problematiche dell’età evolutiva. Si è specializzata nella tecnica EMDR approccio terapeutico utilizzato per il trattamento di trauma, lutto, dipendenze affettive e attacchi di panico.
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