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Gli Home Restaurant hanno gli stessi obblighi normativi dei ristoranti

Lo ha stabilito, lo scorso 8 aprile, la sentenza n. 492/2024 del Tribunale di Pisa confermando che i profili caratterizzanti gli Home Restaurant sono tipici dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande: per questo devono rispettare i medesimi obblighi normativi, compresa la SCIA, per l’avvio dell’attività.

I gestori di Home Restaurant dovranno mettersi in regola al pari dei ristoranti e, pertanto, munirsi di SCIA.


Lo ha deciso la sentenza n. 492/2024 di secondo grado del Tribunale di Pisa dello scorso 8 aprile, andando a confermare quando già sostenuto dalla FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi). Gli esercizi in questione, infatti, sono considerati a tutti gli effetti attività di somministrazione di alimenti e bevande e per questo devono rispettare i medesimi obblighi formativi di un ristorante.


La vicenda, lo ricordiamo, è nata dall’ordinanza di ingiunzione che il Comune di Montopoli in Valdarno aveva adottato nei confronti di un Home Restaurant per aver esercitato attività di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico in assenza della necessaria SCIA e, quindi, in violazione dell’art. 43 della L. R. Toscana n. 28/2005.


A seguito del ricorso in opposizione promosso dal titolare dell’attività avverso tale ordinanza di ingiunzione, il Giudice di Pace di San Miniato aveva annullato la sanzione comminata dal Comune, affermando che non era stata raggiunta prova del carattere pubblico dell’attività e, quindi, non poteva trovare applicazione l’obbligo di SCIA. La FIPE, con i comunicati stampa del 15.01.2020 e del 23.01.2020, aveva espresso forti critiche al riguardo e commentato positivamente la decisione del Comune di Montopoli in Valdarno di ricorrere in appello.


Con la sentenza del Tribunale di Pisa, in riforma della pronuncia di primo grado, è stata confermata la correttezza dell’operato del Comune di Montopoli e ribadita la necessità di SCIA anche per chi svolge dietro corrispettivo l’attività di somministrazione di alimenti e bevande in privata dimora.


Risulta interessante che l’autorità giudicante riconosce un rapporto di genus a species: sebbene l’attività di Home Restaurant presenti difformità quantitative (offerta saltuaria, rivolta a un minor numero di persone) rispetto al genus ristorazione, i profili caratterizzanti della prima (offerta al pubblico, pagamento di un corrispettivo, ecc.) sono tipici dell’attività di somministrazione e, quindi, sono idonei a consentirne l’assimilazione dal punto di vista normativo. Nel caso di specie, in particolare, l’attività era stata ampiamente pubblicizzata sui social network e l’offerta, così come l’accesso al servizio, erano rivolti a un pubblico indistinto, esattamente come un pubblico esercizio. In sintesi, considerato che la normativa (regionale e nazionale) qualifica la somministrazione come vendita per il consumo sul posto “che comprende tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell’esercizio o in una superficie aperta al pubblico” essa è idonea a includere anche l’esercizio di Home Restaurant.


Anche il Consiglio di Stato si è recentemente pronunciato sul tema in argomento affermando espressamente che l’attività di Home Restaurant – nel caso di specie consistente nella gestione di un posto di ristoro e somministrazione di alimenti all’interno di un immobile privato e svolto nell’interesse dei soci di un’azienda agricola e di ulteriori clienti occasionali – rientra a pieno titolo nel concetto di somministrazione.


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