La Confcommercio raccoglie il grido di allarme dei commercianti della zona Giotto e chiede un intervento deciso dell’amministrazione comunale per far fronte ai problemi di degrado e criminalità che stanno colpendo uno dei quartieri storici di Arezzo.
“Condividiamo e facciano nostre le preoccupazioni dei commercianti della zona Giotto – dichiara la presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini – l’arresto dello spacciatore ha fatto emergere ancora una volta la situazione critica che sta vivendo il quartiere, dove sono in aumento le segnalazioni di spaccio, gli scippi, i furti nei negozi e supermercati, per non parlare del problema di decoro”.
“La sicurezza è un tema che ci sta particolarmente a cuore – sottolinea la presidente, che come membro di giunta della Confcommercio nazionale ha un’importante delega alla legalità e alla sicurezza – ci siamo più volte confrontati con la Prefettura e con l’Amministrazione Comunale, segnalando i problemi che contraddistinguono sia il centro storico, sia alcune aree periferiche e i quartieri principali. Due anni fa – prosegue - abbiano organizzato una serie di riunioni con tutti gli imprenditori delle varie zone per conoscere meglio e più da vicino le loro problematiche. È evidente che la città di Arezzo stia attraversando una fase delicata, che richiede uno stretto e rigoroso controllo di ogni fenomeno di degrado, anche piccolo. Perché il degrado, che parte da segnali come la poca illuminazione, la sporcizia o la trascuratezza dell’arredo urbano, rischia di diventare l’humus per la crescita di fenomeni criminosi”.
RiguarDo a quanto accaduto nell’ambito dell’operazione di droga, per Confcommercio desta particolare scalpore la dichiarazione del responsabile della cooperativa proprietaria dell’appartamento in cui i richiedenti asilo politico andavano a spacciare.
“Troviamo sconcertante quanto detto del responsabile dell’associazione di promozione sociale – commenta Anna Lapini – che in una dichiarazione al quotidiano La Nazione addirittura minimizza e avalla il lavoro nero. Sorprende e spaventa che proprio chi dovrebbe promuovere la nostra cultura e la conoscenza della legalità fra i richiedenti asilo in realtà faccia grande confusione sui principi basilari del lavoro regolare. È evidente che c’è un problema da risolvere nel sistema dell’accoglienza”.